2 febbraio 2021

La curiosità di un bambino verso il mondo che lo circonda è una cosa meravigliosa. me ne convinco sempre più osservando la piccola Nora, incontenibile nello sperimentare tutto ciò su cui riesce mettere le mani. Una cosa nuova, qualunque sia, è sempre più interessante del gioco che la appassionava ieri, almeno per qualche minuto, finché non ha capito cosa è e se davvero la può interessare. Questa mattina era alle prese con il misuratore di pressione, che con i suoi tasti, lucine, display e la sensazione sul braccio è davvero interessante.

Forse è un residuo di questo fresco piacere per la scoperta che spinge a studiare cose nuove, anche quando non si è più bambini.

Ho già raccontato che mi sono messo a leggere il libro (Jung e Pauli Il carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia ) in cui sono raccolte le lettere scambiate tra Wolfgang Pauli e Gustav Jung. La lettura procede lentamente anche perché, all’inizio, mi sono sentito quasi in imbarazzo a leggere la corrispondenza tra una persona e il suo analista, in cui sogni, eventi riservati e pulsioni intime sono raccontati in modo diretto (mi chiedo come faccia uno psicanalista a rovistare nella mente delle persone con tanto distacco, ma questa è un’altra questione). Inoltre non so quasi nulla delle teorie di Jung e quindi fatico a capire persino il linguaggio usato dai due, che invece sembra si intendessero perfettamente. Comunque anche questo è un modo di coltivare la curiosità e quindi sto andando avanti.

Una delle cose più intriganti è che Pauli e Jung discutono spesso di questioni di parapsicologia, telepatia, psicocinesi e cose del genere, oggi considerate trucchi o buffonate dalla stragrande maggioranza degli scienziati seri. Pauli non era uno sciocco, da una parte voleva che Jung arrivasse a formulare la sua teoria della psicologia del profondo su basi epistemologicamente confrontabili con quelle della fisica. Un impresa forse impossibile. E dall’altra si interessava di fenomeni parapsicologici (dalla telepatia alla psicocinesi) cercando di capire se fossero oggettivamente verificabili o se fossero solo effetti psicologici e illusioni soggettive. Ma soprattutto si interessava di come le credenze inconsce avessero influenza sulle scoperte scientifiche, e in questo trovava la sintonia con le teorie di Jung sull’inconscio collettivo e sui suoi simboli. Era interessato a scoprire cosa ci spinge nel processo di conoscenza. Quella curiosità inconsapevole e inconscia che assomiglia alla curiosità dei bambini verso l’ignoto. Da questo interesse nacque un suo studio intitolato L’influsso delle immagini archetipiche sulla formazione delle teorie scientifiche di Keplero.

Se si cerca un po’ tra i grandi protagonisti delle scoperte nel mondo della fisica, se ne trovano parecchi di esempi di personaggi che si fecero guidare da visioni più o meno mistiche e magiche nella costruzione delle loro teorie. Il più famoso è anche il più grande di tutti: Isaac Newton. Da una parte fu il fondatore delle fisica moderna e degli strumenti matematici che ancora oggi usiamo per comprendere il mondo fisico, dall’altra fu “l’ultimo dei maghi”, esperto e profondo conoscitore dell’esoterismo e dell’alchimia del suo tempo. Tutto ciò non vuol dire che tutte le credenze esoteriche del ‘600 o paranormali dell’inizio ‘900 siano da prendere sul serio. L’evoluzione della conoscenza ha generato un processo di selezione e oggi sappiamo che alcune cose sono credibili, ma altre, che allora sembravano ipotesi interessanti, non lo sono più. Discernere tra cose che sono più o meno credibili, ma avendo sempre coscienza dei motivi delle nostre scelte, dovrebbe essere la caratteristica di un processo di conoscenza maturo, che scarta man mano le ipotesi che si rivelano sbagliate, proprio come imparano a fare i bambini, mantenendo sempre una sana curiosità.

I disastri delle teorie complottiste oggi diffuse sono un bell’esempio di dove si rischia di andare a parare se si deteriorano questi processi di conoscenza a livello collettivo. A un certo punto non ci sono più criteri per capire se una cosa è vera o no e tutto diventa ugualmente credibile, comprese le ipotesi più assurde. C’è chi da la colpa di questa situazione ai social network , ma il motivo forse è da cercare in una tendenza al sincretismo che un grande intellettuale come Umberto Eco denunciava già vent’anni fa.