6 gennaio 2021

Oggi pranzo di fine feste con Sara e famiglia. Filippo ci ha portato l’ultimo regalo ricevuto, un aggeggio che non so nemmeno come descrivere, una specie di casa-laboratorio-astronave cilindrica abitata da strani personaggi che dovrebbero essere degli oggetti “umanizzati”. Sembra che gli piacciano molto e, come al solito, ci costruisce delle storie.

Durante i giorni in cui eravamo in baita è arrivato un corriere a recapitare l’ultima cosa che attendevo: la stampa del diario del viaggio a Cuba del 2017 a cui ho cominciato a lavorare tre mesi fa (come ho raccontato nel diario del 30 novembre) . Tre anni per mettere assieme un album di fotografie può sembrare un tempo un po’ lungo, ma poi è più divertente riguardare le foto e rileggere il diario di viaggio. ne ho fatte parecchie copie da regalare ai compagni di viaggio e le spedirò nei prossimi giorni. Difficile scegliere un’immagine che riassuma quel viaggio, fatto di paesaggi, musica e bella gente. Questa è l’incontro danzante, sopra la vallata di Vinales, tra la nostra accompagnatrice romana e una guida locale.

Non ricordo che canzone ci fosse come accompagnamento, ma era probabilmente la colonna sonora che ci ha accompagnato nel viaggio: Guantanamera. Una canzone che rappresenta bene questo paese: una musica semplice e trascinante con le parole di un poeta che è anche un combattente per la libertà e fondatore della patria. Il José Martì che si incontra un po’ ovunque nelle piazze. Le parole, con la traduzione che val la pena di leggere, sono qui. E questa è la canzone cantata da un grande:

Pensavamo di finire la serata vedendo un film e invece abbiamo visto le immagini dell’occupazione del Campidoglio di Washington. La realtà supera la fiction.

Questa immagine (della CNN) mi sembra quasi riassumere questo incredibile anno venti-venti. Uno sbandato seduto tra due bandiere al posto del presidente del Parlamento Americano, e sopra un orologio che segna un ‘ora che resterà nella storia, un fotografo solitario con una mascherina sul volto: tutti e due sono bianchi. Davanti, banchi vuoti che si indovinano abbandonati in fretta, con carte sparse e un Mac ancora aperto: chi stava lì è scappato di corsa. Bisognerà cercare di capire come mai siamo arrivati a questo punto.

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